FINTECH: un grandissimo potenziale che deve diventare realtà a beneficio di Imprese, Banche, Mercati e Persone
Nel mondo aziendale, finanziario, sociale, dell’accademia e dei media spesso viene fatto uso di “buzzwords”, termini più o meno precisi e creati per descrivere un fenomeno emergente che, per qualche dinamica, nella maggior parte dei casi propagata via web e sui social da “influencers” -“analogici” e “digitali” ad un certo punto diventano “di moda” e stimolano fortemente le aspettative degli stakeholders di uno o più settori, ma anche della più ampia economia, finanza, e a volte dell’intera società. Negli anni ’80 e ’90, prima dell’avvento di Internet una delle buzzword più usate nel mondo corporate fu per es. “Sinergia” e poi nella seconda metà degli anni ’90 il World Wide Web diede il via alla “New Economy”, termine molto ampio e vago collassato all’alba del nuovo millennio, lasciandoci però il cambio di paradigma e gli embrioni dell’evoluzione futura, tra le quali 3 per tutti: Amazon, Google e Alibaba. Pochissimi anni dopo partirono Facebook e Twitter, e a cavallo del primo decennio del secondo millennio Twitter e WeChat. Apple era nata già nata circa un quarto di secolo prima, così come Microsoft.
Oggi una buzzword è diventata FINTECH, cioè Financial Technology, termine nato probabilmente nel 2014, o verso la fine del 2013 (Podcast di Breaking Banks USA, 26 dicembre 2019). Di fatto, Fintech non è un nuovo settore, ma si è evoluto negli ultimi anni molto rapidamente. La tecnologia ha sempre fatto parte del mondo finanziario, che si tratti dell’introduzione di carte di credito negli anni ’50 o degli sportelli automatici, trading elettronico, app di finanza personale e trading ad alta frequenza nei decenni successivi. Tra gli esempi più significativi si ricorda Paypal, partito negli anni ’90 come primo strumento di pagamento alternativo a quelli degli operatori finanziari e bancari tradizionali e utilizzabile da tutti o i primi servizi di web banking lanciati dalle banche, a volte in collaborazione con le allora principali internet company, come per es. Yahoo!. Ma quello che ha portato a coniare il termine Fintech è l’esponenziale accelerazione, avvenuta negli ultimi anni, della potenza computazionale e della capacità dei dispositivi, si pensi anche a quella a disponibile sui dispositivi mobili, che ha reso possibile la fruizione di molti servizi finanziari ovunque, e in cui l’Intelligenza Artificiale (IA) ha un ruolo primario nell’evoluzione della scala e della direzione del cambiamento. Inoltre, vi è l’ormai dominanza di piattaforme digitali nate con il World Wide Web e che oggi in modo dinamico e sempre diverso aggregano stakeholders multipli realizzando “effetti di network” pervasivi e di portata non raggiungibile prima. Infine, e anche grazie agli effetti di network, vi è la possibilità di “fare leva” sull’insieme delle persone (“crowd leverage”) e delle “cose connesse” attingendo così ad un’inesauribile fonte di conoscenza, competenze, esperienze, informazioni analizzabili, elaborabili, sviluppabili in modi già oggi potenti, ma che sono ancora tutto sommato embrionali perché ancora nelle fasi iniziali di sviluppo sono le tecnologie, in primis proprio l’IA, che le abilitano. Sono questi i 3 megatrends descritti da Andrew Mc Afee e Erik Brynjolfsson.
Vi sono peraltro diverse elaborazioni del significato di Fintech, termine che può in sostanza essere riferito sia alle start-up nate appositamente per applicare le più recenti tecnologie, soprattutto software, sia alla applicazione di queste tecnologie alla finanza. Ultimamente con il termine Big (Fin)Tech ci si riferisce alle grandi società di tecnologia che a loro volta stanno portando le nuove tecnologie sia nella finanza aziendale che nelle banche e assicurazioni, ma anche negli altri ambiti del management, del business e delle operations. E probabilmente si estenderà fra non molto anche a comprendere le attività divenute Fintech espressione delle banche tradizionali, oppure a quel punto qualcuno conierà un nuovo termine.
Inoltre, all’interno del Fintech vi sono diversi ambiti di applicazione per cui lo stesso è stato classificato relativamente agli stessi, per es. Banking, Payments, Insurtech, PropTech, Enabling Fintech, RegTech, Fin(Fin)Tech etc.., per classi dimensionali (corporate e PMI) per tipo di tecnologia utilizzata (IA, Blockchain, RPA etc..). Diversi studi se ne occupano, uno di questi è quello dell’Osservatorio Fintech Italia che PWC e NetConsulting realizzano ogni anno e scaricabile online oppure quello proposto dall’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano.
Al di là delle questioni definitorie il FINTECH ha dimostrato di attrarre fortemente l’interesse:
- della finanza
- visto che gli investimenti dei Venture Capital nel Fintech sono stati:
- pari al 50% a livello mondiale nel 2018 (e in valore a 128 miliardi di dollari) e sebbene in valore assoluto minore la stessa quota sembra confermata nel 2019 (KPMG) e si stima nel 2022 il totale degli investimenti in Fintech arriverà a 310 miliardi di dollari (The Business Research Company);
- la quota maggiore tra tutti i settori (pari al 20%) in Europa nel triennio 2017-2019 alla data di pubblicazione di ottobre 2019 di “The State of European Fintech” di Fitch Capital e Dealroom.com;
- visto che gli investimenti dei Venture Capital nel Fintech sono stati:
- già quattro società hanno raggiunto valutazioni da “Unicorno”, cioè $1B più di 1 miliardo di dollari precedentemente alla exit; Square ($5,3B, transzione), GreenSky ($4,5B), Lending Club ($3,8B), e la piattaforma di e-trading Virtu Financial ($2B). Inoltre, vi sono diverse altre realtà che hanno lo status di “Unicorni” la maggiore delle quali è l’asiatica Ant Financial di Alibaba (valutazione di 150B), mentre recentemente negli Stati Uniti vi è un’attenzione particolare a Chime e ai sui servizi di digital banking, che ha raccolto un finanziamento di 500 milioni di dollari portando la valutazione a 5,8 miliardi di dollari. Peraltro gli investimenti nel settore in Europa sono passati dal 12% del totale mondiale nel 2014 al 28% del 2019;
- dei mercati finanziari asiatici (Singapore, Hong-Kong), europei, almeno geograficamente (Londra, Svizzera), americani (Nasdaq, Nye, Canada) stanno lavorando a progetti di implementazione di iniziative Fintech su servizi e prodotti;
- enti regolatori nazionali (tra cui anche quelli italiani), transnazionali e internazionali dei mercati finanziari e degli istituti finanziari hanno studiato a fondo le possibilità offerte dal Fintech e in alcuni casi creato le condizioni regolatorie per rendere possibile il loro utilizzo, interrogati sulle condizioni necessarie per il più ampio e rapido sviluppo delle società Fintech e cominciato a renderle concrete sul proprio territorio come nel caso della Gran Bretagna, oppure sull’effettivo e condiviso sviluppo di una di queste tecnologie come la Blockchain European Partnership, che si sta muovendo in merito anche sull’Intelligenza Artificiale con il
- della società, visto che da qualche anno:
- vengono individuate le Città e i Paesi dove il Fintech sta portando sviluppo non solo per sé, ma per l’intero ecosistema. Si veda, per es. il report pubblicato da FindeXable nel dicembre 2019 “The Global Fintech Index City Ranking Report”;
- il Finteh e le tecnologie utili è uno degli argomenti principali sui vari media e social media, nei convegni, nelle università.
Proprio tra i principali players del Fintech vi sono gli organismi governativi che vanno dai regolatori, alle banche centrali (BCE in primis per l’Europa), ai Fondi Sovrani, e tutte quelle autorità che rilasciano autorizzazioni e licenze ad operare nel settore finanziario e possono quindi influenzarlo.
Poi vi sono i tradizionali operatori finanziari e bancari, che oltre ad essere oggi i principali fornitori di servizi finanziari, giocano in questo ambito anche altri ruoli, quali quelli dell’investitore, dell’acceleratore/incubatore, del potenziale acquirente strategico e come promotore e utilizzatore dell’innovazione, e in quest’ultimo ruolo sia come cliente o compratore delle Fintech o delle Big Tech, che come sviluppatore in-house di soluzioni, stanno recuperando posizioni. Sebben, in particolare con riferimento all’ambiente europeo, abbiano diverse “legacies” strutturali da risolvere (digital transformation), normative da rispettare (per es. Mifid, Basilea 3 e succesivamente Basilea 4), discontinuità regolatorie (PSD2) e criticità operative (per es. cyber-security).
Tech Companies alcune menzionate precedentemente perché nate prima e durante la cosiddetta New Economy e altre successivamente quali Uber, e alcune altre. Tutte queste hanno numerosissimi team di ingegneri ed esperti multidiscliplinari per cercare di “dominare”. Non è un caso che James Somers del The New Yorker, scrisse ““C’erano segnali, fin dall’inizio, che Google fosse una società di Intelligenza Artificiali, che pretendeva di essere un motore di ricerca.”
Società che forniscono tecnologia per le transazioni finanziarie come Bloomberg, Thomsom Reuters, American Express, Visa etc.. ma anche tutte quelle società che nei vari paesi sono abilitatori delle diverse attività per realizzare le diverse attività e operazioni finanziarie (dai sistemi di cash management ai pagamenti e così via). Un esempio ne è Kyriba, che è anche stata ad oggi una delle migliori exit dal 2014 (fonte CBInsights). Queste realtà sono estremamente competitive e innovative per rimanere nel mercato anche a fronte di nuovi entranti.
Investitori professionali che possono essere classificati su base dimensionale, del momento dell’investimento (a titolo esemplificativo e non esaustivo, seed, venture, private equity etc..), per fonti di origine dei fondi (fondi pensione, investitori strategici, family offices) o metodologia di investimento (hedge funds etc..) Alcuni dei quali, ne menzioniamo uno per tutti, BlackRock, è già all’avanguardia nell’utilizzo della IA.
Nuove società “disruptive”, le tanto nominate start-ups, anche se questo termine non sempre usato appropriatamente, soprattutto nella realtà italiana ed europea, richiederebbe un approfondimento a parte. Solitamente queste realtà si concentrano inizialmente su un’attività, servizio e/o funzionalità dei servizi finanziari offerti dagli “incumbent”, integrandosi nella filiera ed eventualmente aumentando le attività svolte nella filiera. Nella realtà, alcuni dei casi di maggiore interesse nel B2C, cercano di creare essi stessi la filiera, si pensi, oltre a quelli già menzionati sopra, nelle “nuove banche” per es. N26, Monzo, Revolut, Penta, Truelayer etc.., nel wealth management per es. Moneyfarm, Moonfare etc.., nel lending, in Italia, per es. Credimi, WorkInvoice etc..
Altrettante buzzwords, in questo caso nate dal gergo tecnico, sono diventate le tecnologie che stanno venendo applicate in cui la più “spesa” è Intelligenza Artificiale (IA) e alcune sue metodologie come Machine e Deep Learning, Blockchain, Robotic Process Automation, Big Data, Cloud Computing etc.. Alcune volte vengono usate senza che vi sia reale impiego delle stesse nei servizi finanziari di cui si parla. Inoltre, queste tecnologie hanno esse stesse enormi margini di sviluppo, che per quanto riguarda per es. l’IA alcuni ritengono diventeranno “rivoluzionarie” intorno al 2040 (Stuart Armstrong, Singularity Summit, 2012) altri già nel corso del decennio che inizia nel 2030. Così come la blockchain esprimerà il suo pieno potenziale per le aziende nei prossimi 5-10 anni (fonte: Gartner).
In tutto il mondo, lo strumento che si può classificare come Fintech più utilizzato sono i pagamenti digitali, quasi il 70% (fonte: Statista). Poi viene la Finanza Personale (intorno al 25%) e il resto si divide tra Prestiti (Lending), in particolare P2p, e Finanziamenti (Financing).
All’interno del Fintech vi sono diversi ambiti di applicazione per cui lo stesso è stato classificato relativamente ai settori, per es. Banking, Payments, Insurtech, PropTech, Enabling Fintech, RegTech, RiskTech, Fin(Fin)Tech etc.., o per classi dimensionali (corporate e PMI) o per tipo di tecnologia utilizzata (IA, Blockchain, RPA etc..) – in realtà avremo modo di vedere in un successivo articolo come è la combinazione di due o più tecnologie a poter ottenere i migliori risultati. Ad ogni modo, diversi studi se ne occupano, uno di questi è quello dell’Osservatorio Fintech Italia che PWC e NetConsulting realizzano ogni anno oppure quello proposto dall’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano, entrambi scaricabili nell’area riservata ai Soci del sito di AITI. E come AITI stiamo elaborando una tassonomia e quadro complessivo delle Fintechs e soluzioni disponibili nel nostro Paese.
In Italia, l’ultima edizione dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano, presentata lo scorso 17 dicembre, ci dice che “sono 326 le startup Fintech censite nel nostro Paese, per un volume di finanziamenti complessivo di 654 milioni di euro. In media 2,6 milioni per azienda, non ancora capitali consistenti (con l’eccezione alcuni di casi limitatissimi come i 100 milioni di Prima Assicurazioni e gli oltre 70 di MoneyFarm). I settori in cui operano sono eterogenei: dai servizi bancari (42%) ai servizi tecnologici orientati al mondo finanziario e assicurativo (25%).” Confermando la difficoltà nel funding del mercato italiano.
Inoltre “sono 12,7 milioni (pari al 29% della popolazione tra i 18 e 74 anni) gli italiani che hanno utilizzato almeno un servizio Fintech & Insurtech nel 2019, mostrando un alto livello di soddisfazione, e sono i giovani tra i 18 e 24 anni a conoscere e utilizzare più questi servizi (l’89% ne conosce bene almeno uno e il 72% ne usa almeno uno).” Confermando una necessità di ampliamento della cultura digitale.
Infine, “i servizi più utilizzati sono il Mobile Payment (14%) e i Chatbot per comunicare con la banca (10%), mentre tra i meno utilizzati ci sono le assicurazioni istantanee/on demand (2%) e le assicurazioni con premi basati sul comportamento (1%).” Confermando anche in questo caso la prevalenza dei pagamenti come servizio e molta strada da fare nell’utilizzo di questi servizi.
Soprattutto e purtroppo, come conferma anche l’Osservatorio Blockchain e Distributed Tecnologies del Politecnico di Milano presentato il 17 gennaio u.s., pochi sono i veri progetti e gli “use case core”, cioè quelli contestualizzabili in aziende ed organizzazioni diverse. Sicuramente molto importante, a livello di sistema interbancario, è lo “Spunta Project” portato avanti su blockchain con 200 banche https://www.abi.it/DOC_Info/Press-releases/09-10-Spunta super test annuali.pdf, così come la Fatturazione Elettronica sulla l’Italia è stata la prima a partire in Europa, ma è necessario, per creare conoscenza e capacità di sistema oltre che vera utilità per le imprese, portare “in produzione” molti altri progetti oltre a quelli relativi ai pagamenti digitali e non fare solo POC o sperimentazioni. Il focus del Fintech si sta già spostando dal B2C al B2B, e in questo ambito oltre ai pagamenti, vi sono sicuramente, prioritari tra gli altri per le aziende, il credito (includo anche l’inclusione degli effetti della nuova normativa sulla Crisi d’Impresa), il cash flow forecasting (si pensi all’incertezza e volatilità odierna dei mercati reali e finanziari), la supply chain finance (che diventa sempre più spesso necessariamente internazionale), il cash management (sempre più multi-party, multi-currency, senza qui approfondire anche il tema delle criptovalute che sarà oggetto di successivo articolo, e multi-platform), e tutto il vasto mondo della compliance che aumenta di giorno in giorno (dalla prevenzione frodi all’AML fino al KYC). E’ quanto emerge dalla Survey che AITI, l’Associazione Italiana dei Tesorieri d’Impresa, e EACT, la Federazione Europea dei Corporate Treasurers, hanno fatto l’anno scorso e di cui sono stati presentati i risultati al Congresso del 2019 a Verona -la presentazione è scaricabile nell’area riservata ai Soci Aiti. Non solo, per le aziende di medie e piccole dimensioni questi aspetti sono ancora più complessi e critici da gestire.
Sono tecnologie complesse, che richiedono molto approfondimento per essere comprese e utilizzate, ma che in realtà, per chi volesse semplicemente utilizzarle possono essere “trasparenti, cioè senza immergersi nelle tecnicalità e abilitanti alle funzionalità e obiettivi richiesti se chi le porta in campo ha un approccio che tiene conto delle reali esigenze delle attività finanziarie di ogni tipologia di organizzazione e dei business reali. E il loro utilizzo non deve limitarsi ad obiettivi di efficienza, sebbene necessari e sicuramente portatori di miglioramenti di processi e risultati talvolta notevoli, come necessarie fondamenta ne sono la standardizzazione, l’inter-connettività e l’interoperabilità sia a livello di singola azienda/gruppo che dell’ecosistema degli stakeholders, ma alla realizzazione soluzioni radicalmente nuove che facciamo fare un salto “quantico” alla complessiva attività d’impresa. Per es. nel credito, la capacità di valutare il merito di credito intrinseco della specifica azienda che deriva dall’insieme degli elementi quantitativi e qualitativi che le nuove tecnologie potrebbero rendere misurabili e che oggi invece vengono considerati come degli “intangibili” non valutabili, a partire dal capitale umano e dalle persone, dal sistema di relazioni di vario genere delle imprese (commerciali, di ricerca etc..) che generano “effetti di network” oggettivamente analizzabili e, con studio, in buona parte misurabili. Altrimenti, se i “filtri” di valutazione rimangono gli stessi delle banche tradizionali, anche sotto il nome Fintech assisteremo solo ad una sostituzione del credito tra operatori o ad una maggiore rapidità di risposta di autorizzazione o meno, ma non alla possibilità reale e veramente alternativa di finanziamento. Oggi, per es. l’applicazione del Machine e Deep Learning -riconducibili all’ambito dell’Intelligenza Artificiale (“IA”)- viene fatta sulla capacità di predizione dell’errore, mentre il suo potenziale potrebbe arrivare alla “comprensione” dei dati di diverso tipo a disposizione (economico, finanziari, sociali, relazionali etc..) e ad “imparare” e “dare interpretazioni” in modo comprensibile per una valutazione affidabile e sintetica di merito (attraverso quella che si chiama “explainable artificial intelligence”) di quelli che oggi consideriamo valori puramente intangibili per la limitata capacità di analisi, elaborazione e interpretazione. Verrebbe così aumentata la capacità di comprendere il complessivo valore sottostante dell’Impresa integralmente considerata e quindi ampliate le possibilità di finanziamento, in particolare per le PMI. Peraltro è chiaro che una IA da sola è una IA in astratto, poiché per ottenere e “chiedere” le informazioni utili deve essere connessa e combinata con le altre tecnologie di volta in volta (IoT, Blockchain, Big Data, API, Cloud Computing etc..).
Per dare il proprio contributo AITI, nata nel 1992 proprio da coloro che hanno realizzato i primi sistemi informatici di cash management in Italia, ha creato un gruppo di lavoro sul Fintech https://www.aiti.it/fintech/ con i seguenti obiettivi:
- formulazione di una definizione condivisa di Fintech tra i soci:
- capire e contestualizzare le vere necessità della tesoreria e dell’area finanza perché il Fintech possa abilitare un modo innovativo ed efficace (misurabile) di utilizzare i servizi finanziari qualsiasi essi siano;
- aderenza e appropriatezza delle soluzioni alle reali esigenze e specificità;
- analisi e definizione concreta degli uses cases e delle soluzioni: «no frills, no hype»
- verifica delle tecnologie applicabili tra quelle disponibili;
- uso di un modo/modello di riferimento di validità generale per definire KPIs qualitativi e quantitativi omogenei nei diversi contesti settoriali, infrastrutturali, organizzativi e tecnologici, anche interconnessi
- validazione e consenso ampio da parte delle diverse realtà a cui appartengono i soci
- mantenere e sviluppare le relazioni con gli organismi istituzionali, accademici e d’impresa nazionali ed internazionali attivi sulla materia, sia ai fini regolatori che di progetti comuni e collaborativi, per es. di ricerca, insieme con le altre competenti commissioni, in particolare quella sui Digital Payments, Fatturazione Elettronica ed e-business;
- coinvolgimento attivo dei soci nelle attività di cui sopra, trasferimento della conoscenza raccolta, selezionata e generata ai soci anche tramite la formazione, divulgazione negli ambiti e sedi appropriate.
In questo senso si è già lavorato, ed alcuni dei soci hanno dato già dato la loro disponibilità e contributo in merito, per es. con alcune banche per portare la propria esperienza nel migliorare i sistemi di cash management.
Nell’area della Commissione Fintech di AITI potete trovare ogni aggiornamento, bibliografia, approfondimenti, studi e risultati dei gruppi di lavoro sul Fintech e gli aggiornamenti che si aggiungeranno di volta in volta.
Per proseguire i lavori in questa direzione è stato organizzato il 6 febbraio prossimo a Roma, presso lo Stadio di Domiziano, un Workshop dal titolo “COME IL FINTECH PUO’ FAR FUNZIONARE L’ECOSISTEMA IMPRESA-BANCHE-MERCATI” per approfondire in modo concreto alcuni dei temi menzionati sopra e al quale sono intervenuti esperti di primo piano sulla materia. I materiali presentati saranno disponibili nell’area riservata ai soci .
Nevio Boscariol – AITI Consigliere e Responsabile Commissione Fintech