L’impatto del COVID sul mercato assicurativo del credito

Danilo Potenza – Head of Credit Insurance Department ASSICONSULT

Lo scoppio della pandemia non ha portato con sé solamente drammatici problemi di natura sanitaria ma anche una crisi economica difficilmente valutabile.

Mai nella recente storia era successo che intere nazioni si fermassero, applicando quarantene obbligatorie a tutta la popolazione.

Gli Assicuratori del Credito si sono ritrovati così da un momento all’altro in prima linea in una situazione mai sperimentata in precedenza. Proprio in prima linea per la natura stessa del servizio, ovvero la copertura dei crediti commerciali. Se improvvisamente tutto si fosse bloccato, non sarebbe successa la stessa cosa ai crediti di colpo trasformati in inesigibili? In effetti questo era il timore principale del mercato allo scoppio della Pandemia. Si rincorrevano, a partire da marzo del 2020, drammatiche previsioni degli uffici studi che postulavano ad ogni ulteriore settimana di blocco, riduzioni del PIL e drammatici incrementi delle insolvenze. Ed in effetti, ripensandoci, la maggioranza delle scadenze comprese fra marzo e giugno 2020 furono congelate e quindi di fatto non saldate.

La prima reazione degli Assicuratori fu di considerare tali fatture impagate, non come vero insoluto ma di fatto come fossero delle proroghe autorizzate della scadenza del pagamento. Sembra una differenza da poco, ma in realtà gli effetti furono più che notevoli: da un lato i Contraenti di polizza hanno potuto sperimentare la flessibilità dell’Assicuratore ma soprattutto quest’ultimo ha potuto evitare di considerare potenziali sinistri questa immensa mole di fatture. Fossero state tutte considerate come mancati pagamenti,

le Compagnie avrebbero immediatamente dovuto incrementare il proprio patrimonio per ottemperare ai severi rapporti previsti fra capitale sociale e rischio. Quindi non proprio una operazione dettata solamente dalla volontà di venire incontro ai propri assicurati offrendo maggiore flessibilità.

Secondariamente gli Assicuratori hanno cercato di analizzare con attenzione il rischio in essere in particolare riducendo l’esposizione per quei settori particolarmente colpiti dalla Pandemia. In effetti, nei settori particolarmente colpiti, anche i volumi sono rapidamente crollati per cui le esigenze di esposizioni potevano essere ricalcolate, al ribasso. Sulla scorta poi della negativa esperienza della precedente crisi del 2008-2009

quando la maggioranza degli Assicuratori ridusse in maniera massiva le esposizioni in essere, si è tentato di operare ulteriori riduzioni in maniera più selettiva. Se e quanto questa operazione è riuscita molto è dipeso dal singolo Assicuratore ma soprattutto dal singolo intermediario.

Infine tutti gli Assicuratori hanno cercato sostegno direttamente presso i Governi. Se è vero che l’assicurazione del credito può diventare uno straordinario volano per l’incremento degli scambi commerciali, potrebbe altrettanto funzionare all’opposto se gli Assicuratori riducessero fortemente le linee di credito. E proprio a fronte di una crisi economica così improvvisa e dalle difficili previsioni questo poteva essere in effetti il rischio principale.

Nei mesi successivi, con tempi e modalità diverse, i principali Governi sono in effetti intervenuti con forme di copertura e/o riassicurazione rispetto ai rischi assunti dagli Assicuratori del Credito. Ovviamente ci sono state differenze notevoli fra Stato e Stato, sia nei tempi sia nel quantum, ma di questa partita ha fatto parte anche, per la prima volta, il Governo Italiano. Si è riconosciuta così, indirettamente, la funzione pubblica della Assicurazione del Credito, come volano positivo all’economia.

Ma questi imponenti aiuti di Stato sono stati necessari per gli Assicuratori? Inaspettatamente direi di no, tanto è vero che quasi ovunque le Compagnie, in tutti i paesi, non ne hanno chiesto il rinnovo a partire da giugno 2021. Il principale motivo è legato al fatto che i livelli di insolvenza non sono peggiorati come indicavano le prime ipotesi formulate nella primavera del 2020. Anzi, incredibilmente, si sono determinati livelli di insolvenza inferiori, e di molto, rispetto ai livelli post Covid.

Come mai? Quali fattori hanno portato a smentire di fatto i più autorevoli uffici studi occidentali?

La risposta pressoché unanime degli analisti collega la ridotta incidenza delle insolvenze ai sostegni di Stato che hanno coinvolto le economie dei principali paesi occidentali. Ed in effetti una massa enorme di liquidità è convogliata sui mercati e quindi sulle aziende sia in forma diretta sia in forma indiretta attraverso finanziamenti e sussidi, oltre ad un blocco amministrativo dei tribunali.

Il tema ora è immaginare cosa accadrà all’economia allorché gli strumenti di sostegno all’economia si interromperanno.

A livello internazionale nei paesi ad economia avanzata, la situazione risulta particolarmente positiva, con percorsi di crescita ritornati a livello pre-Covid ad esempio in Asia, attesi per fine 2022 nella zona Euro. Si tratta di una crescita non omogena, con maggiori difficoltà nei paesi emergenti nei quali anche la campagna vaccinale procede più a rilento.

È necessario però sottolineare che la gran parte di questa crescita è legata alla ricostituzione degli stock di merce resasi necessaria dopo i blocchi dell’economia nel periodo Covid. Solo in piccola parte è legata ad un vero aumento della domanda. Inoltre l’aumento dei prezzi legato alla ripresa economica sta iniziando a determinare un incremento dell’inflazione, cosa che porterà probabilmente a breve una modifica nella gestione della politica monetaria delle principali Banche Centrali.

Cosa succederà ora nel prossimo futuro?

Le principali variabili in gioco sono senza dubbio la normalizzazione dell’economia a seguito dell’interruzione dei programmi di sostegno degli Stati, la riduzione della domanda legata alla ricostituzione degli stock, l’effetto del Recovery Plan per i paesi europei che continuerà a costituire un elemento espansivo ed infine la capacità anche per i paesi in via di sviluppo di terminare la campagna vaccinale.

Per quanto riguarda le insolvenze, le stesse sono già aumentate nell’ultimo trimestre 2021 rispetto al precedente 2020 anche se restano al di sotto dei livelli pre-pandemici. L’attesa però per il 2022 è di una normalizzazione anche dell’andamento dei fallimenti aziendali che dovrebbero riportarsi sui livelli del 2019 con possibili ulteriori incrementi dovuti a quelle realtà rimaste sul mercato grazie alle forme di sostegno statali ma di fatto non più in grado di competere.

In conclusione: le previsioni per il futuro sono sicuramente più positive di quanto ci si potesse immaginare ad inizio pandemia ma il futuro, per quanto riguarda l’andamento delle insolvenze, porterà ad un incremento delle stesse. È necessario pertanto che le aziende non riducano la propria soglia di attenzione ma che anzi venga costantemente gestito proattivamente il rischio del credito per evitare di non beneficiare della crescita di cui i mercati dovrebbero beneficiare nel prossimo periodo.

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