ESG e Supply Chain: la collaborazione nasce in Tesoreria
Alessandro Ninfole, Managing Director Italy di C2FO
Alessandro Ninfole, Managing Director Italy di C2FO
Durante il convegno AITI del primo ottobre, abbiamo esposto i risultati di un sondaggio effettuato da C2FO su più di 500 PMI italiane, che mostrano chiari segnali di disruption e un forte distaccamento da quella che è la realtà delle aziende più grandi. Il TLTRO, i tassi negativi, i CSR reports sono veramente lontani da quanto sta vivendo il Paese. E mentre le nostre piccole e medie aziende si perdono nella ricerca della loro stessa “sopravvivenza”, la competitività diminuisce lungo la filiera, impattando tutti gli operatori di sistema.È esattamente quello che sta succedendo sul lato ESG. Da diversi anni il mercato ci ha portato davanti a questa nuova esigenza: frutto di un cambiamento epocale nelle decisioni di acquisto a valle, partito molto lentamente anni fa dal retail e diventato di questi tempi uso e costume della grande industria e degli investitori. Ora siamo al punto in cui se vogliamo farci finanziare a un costo più basso, dobbiamo essere ESG compliant. Se vogliamo vendere di più e meglio, dobbiamo essere ESG compliant. Se la nostra azienda vuole raggiungere una determinata capitalizzazione, deve essere ESG compliant.E per fare tutto questo, ci serve il capitale per investire nel cambiamento. Non se ne scappa: per restare al passo coi tempi, bisogna sapere e potere investire. Per sopravvivere, nel lungo termine, bisogna aver già investito. E chiaramente non tutti hanno le risorse necessarie per farlo, specialmente piccole e medie imprese nelle nostre filiere.Secondo una ricerca di CDP, una piattaforma di rendicontazione ambientale, si stima un impatto finanziario di 1,26 trilioni di dollari dovuto ai rischi ambientali entro il 2025 per i piccoli e medi fornitori. Un ulteriore sondaggio C2FO a livello mondiale su oltre 6.700 PMI ha rilevato che circa un terzo dei fornitori sostiene già costi considerevoli per implementare nuovi processi sostenibili e soddisfare i vari requisiti di clienti e clienti. Questi costi vengono comunque poi trasferiti sulle aziende finali con un impatto negativo atteso di circa 120 miliardi di dollari per anno a livello aggregato. È fondamentale quindi che le aziende e i loro partner commerciali si impegnino attivamente nell’attuazione efficace di pratiche ESG per mantenere una catena di approvvigionamento sana.In questa fase, infatti, l’unica soluzione possibile deriva dalla collaborazione tra controparti commerciali, che si devono muovere nella stessa direzione unitamente, grazie anche ad un’appropriata ottimizzazione del capitale circolante molto spesso “intrappolato” in fatture in attesa di pagamento o in programmi bancari di vecchio stampo che creano una vera e propria barriera finanziaria, insuperabile per alcuni.Immaginate invece una piattaforma dove milioni di fornitori e i loro capofiliera collaborano tra loro per raggiungere diversi e specifici obiettivi di sostenibilità, anticipandosi liquidità a tassi vantaggiosi vicendevolmente per raggiungere quegli stessi obiettivi. O target di procurement performance, come l’on-time delivery, per esempio. Adattando il tutto di volta in volta, anche giornalmente, alle mutate condizioni macroeconomiche o della singola realtà.L’unico modo di mettere in pratica quest’idea visionaria è l’ampio utilizzo di tecnologia d’avanguardia e un’accelerazione della digitalizzazione, come mezzo di coordinamento, riduzione costi, di controllo – ma allo stesso tempo flessibile e tagliato su misura per le singole realtà.Già oggi esistono piattaforme che, in un unico strumento, permettono il recepimento di flussi informativi di terze parti (per esempio scoring/rating ESG, oppure il superamento di determinati obiettivi di procurement o di training avanzato) e la loro elaborazione al fine di creare le condizioni finanziarie necessarie perché tutta la filiera possa investire e operare in piena sostenibilità verso lo stesso obiettivo.Una recente ricerca condotta da McKinsey & Co. ha identificato che una solida proposta ESG è correlata a rendimenti azionari più elevati, maggiore produttività, crescita dei profitti, riduzione dei costi e diminuzione del rischio. Un forte impegno verso il raggiungimento di pratiche ESG è legato a una maggiore creazione di valore e le organizzazioni che hanno investito nella sostenibilità stanno registrando un chiaro ROI.
Sebbene l’impegno in questa direzione sia aumentato dell’81% negli ultimi tre anni, la maggior parte delle aziende oggi lancia ancora programmi ESG focalizzati sulla conformità: una trappola che porta a un coinvolgimento limitato e manca di incentivi per guidare le prestazioni e i miglioramenti a lungo termine, secondo la società di rating della sostenibilità EcoVadis e il NYU Stern Center for Business Sustainability.Tuttavia, il recente movimento per incentivare i fornitori ad adottare iniziative ESG piuttosto che controllarle ha stimolato una rinnovata attenzione tra le aziende a rivalutare il modo in cui contribuiscono alle comunità in cui operano e servono. Nell’ultimo anno, gli organismi di regolamentazione, gli investitori, i dipendenti e i clienti, tra gli altri, hanno fatto pressioni sulle aziende per rapporti più dettagliati su sostenibilità e diversità, in gran parte in risposta a un boom della domanda di attivismo contro il cambiamento climatico e finanziamenti specifici ESG.Anche secondo McKinsey & Co., quindi, poiché la maggior parte del rischio ESG di un’azienda risiede nei suoi partner a monte e a valle, la chiave per una strategia ESG di successo è garantire che l’intera catena di approvvigionamento adotti pratiche sostenibili.Sono ancora in pochi però in Italia a cogliere questo elemento, nonostante la semplicità di poter raggiungere questo target fornendo ai propri fornitori, comprese le “diverse” o le piccole e medie imprese, un comodo accesso al capitale circolante conveniente come incentivo per loro ad adottare pratiche comuni sostenibili.