Potremmo discutere all’infinito su quale tipo di temperatura è più congeniale. Alcuni preferiscono il freddo, altri invece amano il caldo. Alcuni cercano riparo dal vento, mentre altri hanno la passione della vela e cercano condizioni di vento favorevoli. Di solito, però, si preferisce il tempo soleggiato senza troppo vento, niente colpi di freddo, tempeste e, soprattutto, danni causati dai temporali. La performance dei mercati azionari dopo il minimo toccato il 23 marzo 2020, quando era appena iniziata la pandemia da COVID-19, è molto vicina allo scenario ideale preferito dalla maggioranza. I timori di un periodo persistente di brutto tempo si sono dimostrati infondati: se guardiamo indietro, questo dato è ormai certo. Per quanto riguarda le prospettive future, le condizioni meteorologiche prevalenti forniscono ottimi motivi per essere ottimisti.
L’inflazione, più uno spettro che un incubo
Partiamo dall’inflazione, che da mesi incombe come uno spauracchio, ma che di recente si è rivelata essere più uno spettro che un incubo. La minaccia di un rialzo dell’inflazione è molto contenuta, anche perché l’economia rimane estremamente competitiva. Le società non hanno motivo di alzare i prezzi, fatte salve le strozzature cicliche che interessano per esempio i container per i trasporti, i semiconduttori e il greggio. In realtà, gran parte delle aziende sono riuscite ad aumentare a tal punto i loro margini dall’inizio della pandemia da riuscire agevolmente a far fronte ai prezzi più alti delle materie prime, dei trasporti e dei servizi di logistica o all’aumento degli stipendi degli specialisti. Inoltre, la pressione della concorrenza sta impedendo a molti fornitori di alzare i prezzi. Alcune aziende che vendono mobili, come per esempio Ikea, si trovano attualmente a dover assorbire aumenti significativi dei costi dei trasporti e della logistica che non hanno ancora trasferito ai loro clienti. La situazione è estremamente diversa quando si parla di attivi come titoli, immobili o opere d’arte. In questo caso i prezzi sono schizzati alle stelle, soprattutto per via dei bassi tassi d’interesse reali e della scarsità di investimenti. Per quanto riguarda gli immobili, la crisi da COVID-19 ha invece fatto lievitare enormemente la domanda. Le metrature più ampie necessarie per lavorare da casa, l’esigenza di moderne infrastrutture informatiche e strutturali, il desiderio di disporre di una casa delle vacanze come fuga dal COVID-19 e come alternativa ai viaggi, tutti questi fattori messi insieme hanno supportato il mercato immobiliare e fatto salire vertiginosamente i prezzi delle case. Ciò detto, questa è un’inflazione generata dai prezzi degli attivi e non dovrebbe essere considerata un’inflazione nel senso più proprio del termine perché non ha un effetto avverso sul potere d’acquisto del denaro. Se un Monet o un Picasso spuntano un prezzo superiore del 30% o del 40% rispetto alla quotazione sui mercati d’arte, le conseguenze per l’indice dei prezzi al consumo sono trascurabili.