Sviluppo, banche e shadow banking system

Rosario Maccarrone – Responsabile Delegazione AITI Nord Est 

Il Covid 19 ha segnato in maniera  prepotente il mondo economico fin dal  mese di Marzo del 2020, creando  una profonda riflessione nel settore manifatturiero, non solo italiano, che si allarga ulteriormente a quello della finanza.

Il blocco imposto dai governi nazionali a oltre metà della popolazione mondiale per appiattire la curva dei contagi ha colpito il mondo, spingendo l’economia globale nella peggiore recessione dai tempi della seconda guerra mondiale.

L’impatto dell’epidemia è passato da essere una battuta d’arresto dell’offerta localizzata e incentrata sulla Cina, che ha comunque inviato forti segnali sulle catene di fornitura mondiali, ad essere un violento sisma della domanda che ha danneggiato i consumi e gli investimenti non più solo in Cina, ma anche in Europa, Stati Uniti e America Latina.

Abbiamo così assistito ad una forte recessione globale nei primi due trimestri del 2020 nella stragrande maggioranza delle economie sviluppate ed emergenti.

Questa situazione è stata seguita da una forte ripresa, con una riapertura delle economie mondiali e dei vari settori in crescendo con quelle che sono state  le misure di confinamento.

La sfida  è rappresentata dal successo della campagna dei vaccini: maggiore sarà la velocità di immunizzazione della parte della popolazione più esposta al rischio di infezione o più debole rispetto agli effetti del virus, più veloce sarà la ripartenza delle economie nazionali.

Ma quale sarà l’impatto sulla crescita del nostro Paese?

L’Italia che è fra i Paesi Europei maggiormente colpiti in termini di contagi e vite umane perse, ha visto una perdita del PIL pari al 8,8% nel 2020 Le cause sono da imputare al blocco delle attività sociali e produttive interne e alla maggiore dipendenza della nostra economia dai servizi, basta pensare al turismo, che è il settore maggiormente impattato dalle misure di contenimento.

La crisi provocata dalla Covid-19 ha portato il debito pubblico italiano al 160% del PIL. Continuando l’effetto positivo di crescita del PIL italiano, tale cifra potrebbe ridursi nei prossimi anni (2030) portando il  debito pubblico al 135% del Pil: una prospettiva cautamente ottimista che, nella seconda metà del decennio, vede una crescita del Pil pro-capite in linea con quella dei maggiori paesi dell’area.

Tutti i Governi e le Banche Centrali hanno messo in campo misure straordinarie, sia di natura monetaria che fiscale, per far fronte a questa crisi. Gli ingenti aiuti statali in particolare hanno contribuito ad assorbire lo shock causato dalla crisi, aiutando molte aziende colpite dalla pandemia ad evitare di presentare i libri in tribunale.

A livello globale, si è infatti complessivamente assistito ad una diminuzione del 10% delle crisi  aziendali, ma ad un’analisi più puntuale non può sfuggire il fatto che la pandemia ha provocato un aumento del +23% delle grandi insolvenze, cioè quelle che riguardano imprese con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro.

Altre industrie, caratterizzate da una elevata leva finanziaria e da una scarsa liquidità soffriranno dal fermo delle attività produttive e non saranno in grado di generare adeguati flussi di cassa per far fronte ai propri impegni. All’interno di questo panorama sicuramente non roseo, ci sono dei settori che riusciranno a trovare comunque delle prospettive di sviluppo; fra questi, il pharma e il bio-medicale, anche in una prospettiva di medio-termine, e quelli che offrono servizi immateriali come ICT e Telecomunicazioni.

La storia bancaria italiana recente ha visto molti accorpamenti, alcune brutte cadute tra cui non solo la Popolare Vicenza o Veneto Banca ma anche diverse Casse Rurali, e ha segnato una rivisitazione della rete degli sportelli oggi quasi inutilizzati non solo per la pandemia e ben sostituiti dagli ATM, ed una  contrazione del personale bancario.

In Italia  il dato “sportelli ogni 100 mila abitanti” segna quota 40 contro un 42 a fine 2018. Anche se il territorio ha il proprio peso, siamo ben lontani dai 70 del Trentino, dai 49 del Veneto ed i 55 del Friuli.

Nel Triveneto sono oltre 38 mila (fine 2019) gli occupati nel settore. Se la media nazionale registra una contrazione su questo fronte dell’1.43%, il Friuli ha “tagliato” il personale del 4.41% (da 5.423 a 5.194) mentre nelle altre due regioni i tagli sono percentualmente ben sotto l’unità.

Standard & Poor’s non ha declassato l’Italia, ma ai Governanti ha sottolineato che il Pil 2019 sarà uguagliato solo nel 2023. Il sistema deve affrontare anche i nuovi soggetti finanziari (NBFIs) che entrano sul mercato. Le Nonbank Financial Istitution offrono sia servizi di pagamento a costi più contenuti rispetto alle banche, ma anche prestiti oltre ad essere disposte a fare acquisizioni. Mancano solo, almeno apparentemente le FinTech, ma molte carte di credito ruotano via Revolut, gia autorizzata bancariamente in Gran Bretagna ed ora, causa Brexit, trasferita in Lituania, mantenendo lo status di intermediario comunitario.

Lo Stato centrale, “attraverso un eccezionale e generoso schema di garanzia alle banche” -– ha consentito di erogare denaro fresco alle imprese ma potrebbe indebolire la struttura finanziaria del sistema nel medio termine. Il Governo si è assunto non solo un onere finanziario ma una grande responsabilità morale. Se molte imprese  andranno in default, le banche escuteranno la garanzia ottenuta dagli Enti statali che poi andranno a cozzare sul bilancio dello Stato.

La situazione economica – vista con un occhio apartitico di Bankitalia – registra una elevata preoccupazione sia sul manifatturiero che sul turismo ed il mondo legato a questo comparto.

I prestiti sono aumentati del 9.6% rispetto al trimestre precedente, i crediti deteriorati – intorno al 2% – sono inficiati dalle misure di sostegno (leggasi garanzie) delle autorità. Infatti  i deteriorati ammontavano al 6.1% sul totale dei finanziamenti concessi con un tasso di copertura del 52,6%.

La Bce sta rivedendo l’indicazione data a suo tempo alle banche europee soggette alla sua vigilanza di non distribuire dividendi per rafforzare il patrimonio e la Banca d’Italia ha iniziato a monitorare con maggiore frequenza i fondamentali economici del Paese durante la pandemia.

Banche Ombra

L’espressione shadow banking system (o sistema bancario ombra) fu utilizzata per la prima volta nel 2007 da Paul Mc Cully per sottolineare la progressiva diffusione di intermediari finanziari non bancari che operano al di fuori dei circuiti regolamentati. McCully  osservò, infatti, il progressivo e rapido sviluppo di una forma di intermediazione incentrata su un insieme di veicoli di investimento non bancari caratterizzati da un elevato ricorso alla leva finanziaria che, a differenza delle banche tradizionali, si finanziano attraverso il mercato, esponendosi a una eventuale carenza di liquidità.

S’inserisce quindi il contributo del Financial Stability Board che, di fronte alla crescita del fenomeno e all’infittirsi delle relazioni intessute con il sistema bancario tradizionale e con il settore reale, istituì una task-force con l’obiettivo di delineare una macro mappa del sistema finanziario per rafforzare la supervisione e la regolamentazione dell’universo bancario ombra. La logica delle analisi condotte dal FSB è quella di chiarire il ruolo dello shadow banking system, comprendere i rischi derivanti dai suoi stretti legami con gli intermediari bancari e finanziari e identificare i meccanismi e i canali di trasmissione e di contagio attraverso i quali eventuali shocks possono essere amplificati e trasmessi ad altri istituti finanziari e, conseguentemente, al settore reale. In tale ottica, il sistema bancario ombra viene inteso come “intermediazione creditizia che coinvolge entità e attività che operano fuori dal sistema bancario tradizionale”.

Fonte: Elaborazione dati FSB (2019)

La consistenza dello shadow banking system è, quindi, molto variabile nei diversi Paesi, con percentuali che oscillano tra il 4,7% e il 67%, registrate rispettivamente in Olanda e nelle Isole Cayman. Negli Stati Uniti, lo shadow banking system è pari al 15,4% mentre in Cina e Australia si registrano percentuali pari al 14,5% e 12,2%, rispettivamente.  In Europa, invece, i tassi più elevati vengono riscontrati in Irlanda (45,3%), Lussemburgo (19,9%) e Germania (11,3%). In Italia, il sistema bancario ombra si attesta al 7,9%, sempre come percentuale degli assets finanziari totali nazionali.

Con l’espressione shadow banking (sistema bancario ombra), si fa riferimento a “una forma di intermediazione basata su una varietà di veicoli di investimento con elevata leva finanziaria e di altre strutture al di fuori del sistema bancario” (Carmelo Barbagallo, Capo Dipartimento Vigilanza Bancaria di Bankitalia all’Università Cattolica). Questa espressione venne coniata dalla Banca Mondiale e dal Financial Times e comprende dal Private equity e Venture Capital al crowdfunding, da forme di finanziamento parabancario, come factoring, leasing, assicurazioni commerciali all’export o di contratti di fornitura, ai cosiddetti minibond o, comunque, commercial paper, sino ai finanziamenti pubblici o parapubblici (fondi Ue, sgravi, garanzie, confidi). L’unica cosa che hanno in comune i soggetti agenti è che non sono banche.

In sostanza con lo shadow banking è cambiata la fonte principale di raccolta e finanziamento degli operatori finanziari. Invece di attingere alle fonti “classiche”, tipo i depositi dei risparmiatori o l’emissione di bond, costoro hanno iniziato a trovare risorse in maniera crescente nel mercato dei capitali, con meccanismi e prodotti innovativi.

L’elenco dei soggetti che fanno shadow banking è lungo ma basti sapere che dal 1990 in poi, quando ha iniziato a operare, questo sistema parallelo ha generato una montagna crescente di debiti. La Fed calcola che nel 1990 le passività dello shadow banking erano allo stesso livello delle passività bancarie, meno di 5 trilioni di dollari. Dieci anni dopo, a fronte di passività bancarie che superavano di poco i 5 trilioni, quelle dello shadow banking avevano già superato i 10, arrivando a superare i 20 trilioni nel momento di picco del 2007 (22 trilioni a giugno), mentre le passività bancarie erano circa 14 trilioni.

Se analizziamo come si è potuta formare questa enorme quantità di debiti  è necessario analizzare i vari passaggi funzionali  dello shadow banking.

I passaggi sono:

1) Generazione del prestito;

2) Stoccaggio del prestito;

3) Emissione di un Abs (asset backed security);

4) Stoccaggio degli Abs;

5) Emissione di un Cdo (collatelarized debt obligation) sugli Abs emessi;

6) Intermediazione su Abs;

7) Wholesale funding.

Per rendere semplice la questione il debito originario viene messo a garanzia di un altro debito che a sua volta viene trasformato in un altro debito ancora. Ogni passaggio genera nuovo debito che, alla fine della catena, viene venduto al mercato dei capitali, dove lavorano grandi operatori che non hanno la minima idea di cosa comprino.

A svuotare il magazzino dei crediti ci pensa un broker che li raccoglie li struttura in un Abs. In pratica li cartolarizza, impacchettandoli in un contenitore finanziario che, in quanto tale avrà un rating e un certo grado di liquidità, diventando così cedibile. Il rischio inerente al prestito originario viene mischiato con altri rischi nell’ipotesi che così facendo diventa statisticamente meno rilevante.

Anche gli Abs, essendo commerciabili e redditizi, vengono immagazzinati nei listini dei broker o delle banche. Ma siccome non basta mai, ecco che ogni tanto, per svuotare il magazzino degli Abs, vengono anche loro raccolti e strutturati in un altro contenitore, il Collateralized debt obligation, venendo anche questo “lavorato” da broker specializzati.

Il punto sette dell’elenco, infine, prevede che tutte queste entità attingano alla stessa fonte delle banche le risorse necessarie, il finanziamento sul mercato dei capitali (wholesale funding) nel quale agiscono intermediari più o meno regolati come i fondi monetari, che forniscono risorse liquide abbondanti che cercano parcheggi sicuri per breve tempo.

Il sistema bancario ombra (shadow banking system) è cresciuto considerevolmente negli ultimi decenni, trovandosi in posizione di complementarità e surrogazione al sistema bancario tradizionale e alimentando la sempre maggiore finanziarizzazione dell’economia, ovvero il predominio della finanza sull’economia reale. Le transazioni complessivamente realizzate dal sistema ombra hanno ormai raggiunto nel mondo l’impressionante valore di 52 mila miliardi di dollari.

Il suo sviluppo e il suo coinvolgimento nell’attività di intermediazione creditizia fu inizialmente  accolto con favore dalle autorità di regolamentazione. Si riteneva, infatti, che la presenza di canali di finanziamento alternativi a quelli tradizionali e la canalizzazione di risorse verso investimenti e bisogni specifici avrebbero prodotto effetti positivi sia nel sistema finanziario sia nel settore reale, promuovendo una sana competizione nel mercato bancario, una tendenziale riduzione dei costi, una diversificazione del rischio e una efficiente allocazione delle risorse. Ed effettivamente, le “banche ombra”, considerate un prodotto spontaneo del mercato, hanno fornito strumenti alternativi per il finanziamento del sistema economico, sostenendo le decisioni di produzione delle imprese, concedendo credito ai consumatori e, di conseguenza, contribuendo a sostenere la domanda aggregata di beni e servizi. Tuttavia, espletando funzioni bancarie senza essere sottoposte ai limiti e alle restrizioni previsti della regolamentazione in termini di leva finanziaria, liquidità e tipologie di investimento, e operando senza la possibilità di ricorrere alla Banca Centrale, lo shadow banking system rappresenta una potenziale fonte di rischio che mina la stabilità del sistema bancario e del settore reale. Sarebbe dunque indispensabile una intensa attività di monitoraggio da parte delle autorità di politica monetaria, che però ben difficilmente potranno da sole ridurre considerevolmente i rischi connessi alle banche ombra.

Le attività svolte dalle banche ombra

Continuando l’analisi, il Financial Stability Board individua cinque attività-funzioni economiche che consentono di restringere il concetto di intermediazione finanziaria non bancaria e di individuare e categorizzare il sistema bancario ombra in senso stretto. Nel dettaglio, le funzioni economiche si concretizzano nella:

1) gestione di veicoli di investimento collettivo del risparmio, caratterizzati da una elevata leva finanziaria ed esposti al rischio legato alla trasformazione – e quindi all’eventuale disallineamento – delle scadenze;

2) concessione di prestiti che dipende dalla raccolta a breve termine;

3) intermediazione di attività di mercato che dipende da finanziamenti a breve termine o da finanziamenti garantiti dagli assets dei clienti;

4) concessione di garanzie che facilitano l’erogazione del credito;

5) intermediazione creditizia basata sull’attività di cartolarizzazione e finanziamento di entità finanziarie.

La funzione economica 1 è la più ampia, inglobando più della metà degli assets dello shadow banking system ($36,7mila miliardi, nel 2017). Sono annoverati in tale funzione i veicoli di investimento collettivo come fondi a reddito fisso (29% degli assets EF1), fondi misti (19%), hedge funds (13%), fondi immobiliari che operano attraverso la leva finanziaria, fondi fiduciari e fondi del mercato monetario (16%). Disallineamenti di liquidità, richieste di rimborso, ricorso alla leva finanziaria espongono tali entità a vulnerabilità strutturali potenzialmente significative per la stabilità finanziaria.

La funzione economica 2 rappresenta il 7% del sistema bancario ombra ($3,5mila miliardi) e include società finanziarie, società di leasing, società di factoring e altri tipi di società di credito al consumo. Tra queste, le società finanziarie rappresentano il 79% degli assets della funzione economica 2. Fornendo credito per diverse finalità (prestiti ipotecari, credito al consumo, finanziamento per l’acquisto di automobili, prestiti agli studenti, carte di credito), tali entità competono con le banche tradizionali. La loro raccolta finanziaria è essenzialmente a breve termine, esponendo tali attività al rischio legato alle caratteristiche temporali delle risorse finanziarie raccolte e al leverage. Pur offrendo servizi analoghi al settore bancario, le entità spesso si concentrano in settori di nicchia non serviti dalle banche, intensificando rischi ed effetti pro-ciclici.

La funzione economica 3 rappresenta l’8,2% del sistema bancario ombra ($4,2mila miliardi). Tale funzione ha sperimentato un notevole declino negli ultimi anni in quanto, in seguito alla crisi economico-finanziaria, un numero sempre maggiore di broker-dealers (che ne rappresentano il 71%) è stato progressivamente consolidato in gruppi bancari, soggetti a regolamentazione e pertanto esclusi dallo shadow banking system. Nell’erogare servizi di brokeraggio, tali entità sono esposte al rischio di liquidità, di rollover e a corse al rimborso da parte degli investitori. Tali rischi sono fortemente connessi dalla loro dipendenza dalla raccolta a breve e dal ricorso a strumenti repo.

La funzione economica 4 è pari a 0,3% dell’universo bancario ombra ($173 miliardi), prevalentemente presente nei paesi avanzati. Si tratta di entità che forniscono garanzie e protezione contro i rischi del mercato del credito, facilitandone pertanto l’erogazione da parte di banche e intermediari finanziari non bancari. Rappresentano un esempio le imprese di assicurazione, i garanti finanziari, gli assicuratori ipotecari e le società di investimento che fanno uso di titoli derivati. Nello svolgimento di tali attività, le entità che compongono la funzione economica 4 possono aumentare la possibilità di imperfetto trasferimento del rischio di credito, contribuendo all’instabilità del sistema finanziario e alimentando i cicli di espansione e recessione.

Infine, la funzione economica 5, che rappresenta il 9,6% dello shadow banking system ($5 mila miliardi), è costituita da tutte le entità che sono coinvolte nell’attività di intermediazione creditizia basata sul processo di cartolarizzazione. Attraverso il finanziamento di assets illiquidi di lungo termine con la raccolta di breve periodo, tali società-veicolo finanziano il sistema bancario tradizionale o gli altri intermediari finanziari, operando come strumenti per ridurre o aggirare la regolamentazione in termini di capitale bancario. Tali attività contribuiscono ad incrementare il livello di indebitamento e il rischio derivante dalla trasformazione delle scadenze e dalla gestione della liquidità.

I rischi delle banche ombra

La crescita vertiginosa dello shadow banking system preoccupa perché tende ad accentuare l’instabilità dell’economia di mercato. Le banche ombra, infatti, attraverso la creazione di strumenti finanziari sempre nuovi e la forte leva che sfruttano, accrescono nelle fasi espansive del ciclo la fragilità dell’intero sistema finanziario e degli operatori che entrano in relazione, come debitori o creditori, con loro. Il punto di fondo è che il sistema bancario ombra tende ad accentuare il principale fattore di instabilità dell’economia capitalistica, costantemente chiamato in causa dagli economisti, consiste nel carattere endogeno dell’offerta di moneta. La quantità di moneta in circolazione, e la velocità stessa a cui essa circola, non sono stabili bensì dipendono dalle dinamiche della domanda di moneta stessa, senza che la banca centrale possa riuscire ad operare un controllo efficace sulla quantità. L’idea di fondo è, dunque, che l’operare dello shadow banking system accentui, in vario modo, la capacità dell’offerta di moneta di adattarsi a ogni mutamento della domanda, sfuggendo ad ogni controllo e sfruttando effetti leva che, cumulativamente, espongono l’intero sistema economico-finanziario a grande rischio.

Conclusioni

Nel corso degli ultimi decenni i mercati sono stati progressivamente trasformati dal processo di finanziarizzazione dell’economia, che ha profondamente mutato il rapporto tra produzione e finanza. In questi ultimi anni l’ascesa dello shadow banking system ha prodotto una accelerazione vistosa, contribuendo alla creazione di un sistema finanziario sempre più complesso, strettamente interconnesso con l’attività bancaria tradizionale e con il settore reale, attraverso entità, processi e strumenti in continua e tumultuosa trasformazione. Si tratta di un fenomeno così rapido e imponente che la letteratura ancora non è stata in grado di produrre una formalizzazione chiara, sistematica e condivisa. Appare evidente che, a differenza delle banche tradizionali, per certi versi difficili da controllare e monitorare dalle autorità di politica monetaria,  le shadow banks non sono assoggettate alle restrizioni fissate dalla regolamentazione e dalla vigilanza prudenziale e costituiscono come già detto un fattore di rischio molto rilevante per la stabilità di lungo periodo del sistema economico. La rapida ascesa del sistema bancario ombra pone pertanto la necessità di intensificare l’attività di monitoraggio globale, in modo da adottare adeguate misure di intervento volte a ridurre i potenziali rischi sistemici e i conseguenti effetti negativi sull’economia reale.

Chi deve investire un ammontare elevato di liquidità per brevi periodi non ha interesse a depositarlo in banca, perché non sarebbe coperto dall’assicurazione dei depositi. Effettuando transazioni pronte contro termine egli può invece ottenere buoni rendimenti  al tempo stesso garantiti dai titoli da loro acquistati temporaneamente, che possono inoltre usare a garanzia per finanziamenti o come requisiti per operazioni sui derivati.

La stessa Consob definisce lo shadow system come “quel complesso di mercati, istituzioni e intermediari che erogano servizi bancari senza essere soggetti alla relativa regolamentazione“, da monitorare con molta attenzione poiché possibili incubatori di rischi sistemici soprattutto a causa dell’eccessivo ricorso alla leva finanziaria.

Rosario Maccarrone
Responsabile Aiti Nordest

 

Bibliografia

Adrian, T. e Ashcraft, A.B. and Shin, H. S. Shadow Bank Regulation,Annu. Rev. Financ. Econ., 4: 99-140; Ashcraft A.B. (2016). Shadow banking: a review of the literature. In: Jones G. (eds) Banking Crises. Palgrave Macmillan, London; Ashcraft A.B., Cetorelli N. (2013). Shadow Bank Monitoring, Federal Reserve Bank of New York Staff Reports, no. 638, September; The shadow banking system: Implications for financial regulation, Staff Report Federal Reserve Bank of New York, No. 382.

Il Sole 24 Ore. Daniele Cunego Sviluppo e banche: cosa cambia il Covid nel Nord Est?

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