Innovazioni Digitali

La leva “demand pull” nella digitalizzazione dei processi di Finanza Operativa

Giuseppe Palamone – Dottore Commercialista – CEO TKS Srl – Partner 4Planning  
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L’innovazione digitale è, ormai, il tema

del momento. In ogni contesto socioeconomico, privato o pubblico, l’innovazione, immaginabile come una linea metaforica che segna il confine tra il vecchio

e il nuovo, è vissuta sempre più come un’esigenza vitale ancor prima che come un’opportunità.

Per tale motivo, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno fare alcune riflessioni preliminari.

Come la storia industriale insegna, i più importanti cambiamenti strutturali sono, generalmente, il frutto dell’introduzione dei seguenti elementi:

  • innovazione di prodotto: ovvero l’introduzione nel mercato di un nuovo bene o lo sviluppo di una nuova versione di un prodotto già noto;
  • innovazione di processo: intesa come l’introduzione di nuove metodologie precedentemente non utilizzate;
  • innovazione dell’organizzazione dell’impresa: ovvero la realizzazione di nuove forme organizzative e gestionali dell’impresa

Spesso si è portati ad esemplificare il concetto dell’innovazione, riconducendo la stessa solo alla fattispecie di innovazione radicale di prodotto.

In realtà, non è del tutto corretto considerare come rilevante un’innovazione solo se essa determina effetti radicali; al riguardo, infatti, per meglio comprendere il filo conduttore tra questi concetti e le successive riflessioni potrebbe essere opportuno richiamare la seguente distinzione proposta da Christopher Freeman:

  • innovazioni incrementali: si tratta di innovazioni che determinano il miglioramento di prodotti, processi o sistemi organizzativi già esistenti;
  • innovazioni radicali: fattispecie tipicamente riferita ad eventi discontinui con diffusione a forma ciclica associata a lunghi cicli economici;
  • innovazione dei sistemi tecnologici: non si tratta di una singola innovazione, bensì il risultato dell’integrazione di innovazioni radicali ed incrementali associate ad innovazioni organizzative. È questa ultima componente che determina, pertanto, la reale applicazione di un’innovazione in sistemi complessi;
  • rivoluzioni tecnologiche: intese come profonde trasformazioni, derivanti da numerose innovazioni radicali, in grado di generare una destrutturazione delle regole di un’organizzazione economica e sociale.

Una rivoluzione tecnologica è tale, se risulta connessa all’affermazione di un insieme di tecnologie trasversali e pervasive che non creano solo nuovi prodotti o processi, ma che interessano una pluralità di sistemi socioeconomici.

In tale riflessione c’è, inoltre, un ulteriore aspetto che potremmo considerare di assoluto rilievo, ovvero il processo di selection environment, inteso come il complesso di condizioni che agiscono come fattori di stimolo o di vincolo per lo sviluppo di una particolare traiettoria di qualsiasi processo innovativo, che potremmo sinteticamente basare su tre momenti principali: i) invenzione – creazione di un nuovo prodotto, ii) innovazione – industrializzazione del nuovo prodotto, iii) diffusione – applicazione su larga scala dell’innovazione. Tra queste tre fasi, la più interessante, ma anche la più critica, è probabilmente l’ultima delle tre, in quanto qualsiasi innovazione senza un’adeguata diffusione risulterebbe priva di utilità.

Ora, dovendo contestualizzare tali concetti al mondo dell’impresa, ed in modo particolare all’area della Finanza Operativa, potremmo affermare che è in atto una vera e propria rivoluzione tecnologica, determinata, appunto, dall’integrazione di innovazioni radicali – come ad esempio l’automazione dei processi di tesoreria e di pianificazione finanziaria – con il graduale cambiamento evolutivo di vecchi modelli organizzativi ormai obsoleti e pertanto inadeguati ad affrontare la vorticosa complessità dei contesti aziendali.

Di certo lo sviluppo tecnologico ha portato, nell’operatività della funzione finanziaria, alla dirompente introduzione di Database dotati di algoritmi di Machine Learning i cui meccanismi di Data Integration con i sistemi informativi aziendali, nonché le potenti funzionalità di Data Analytics, potrebbero rappresentare i primi elementi indispensabili per creare il necessario mix di innovazioni radicali alla base della citata rivoluzione tecnologica.

Come detto, una determinata innovazione per essere efficace deve trovare adeguata diffusione e deve essere in grado di far evolvere le imprese, ed in senso più ampio tutte le organizzazioni socioeconomiche, sovvertendo le vecchie regole mediante l’introduzione di nuovi processi operativi volti, da un lato alla creazione di assets aziendali strategici quali ad esempio un sistema di procedure aziendali (ovvero capitalizzazione per l’impresa di un know how condiviso), dall’altro alla creazione di modelli strutturati di gestione finanziaria necessari alla transizione digitale soprattutto per tutte quelle attività “a basso valore aggiunto”.

È noto a tutti che al giorno d’oggi, nei sistemi economici e quindi anche nelle imprese, il processo di decision making è sempre più guidato da logiche data driven, basato su valutazioni della volatilità di contesto, la cui efficacia dipende dalla capacità della struttura operativa di attuare sistemi di predictive analysis.

Ora, se è vero che nella dinamica del processo innovativo la relazione di sequenzialità tra la creazione di un’invenzione e la successiva qualificazione della stessa come innovazione può essere vista come un’evoluzione naturale, è altrettanto vero che l’ulteriore passaggio, ovvero della diffusione su larga scala di un’innovazione ne rappresenta il vero punto critico le cui cause sono da attribuire, molto spesso, alla mancata apertura culturale da parte di strutture operative poco inclini a modificare vecchi schemi e routine di lavoro.

Pertanto, ad una prima lettura potremmo affermare che tra l’introduzione di un’innovazione e la sua relativa diffusione vi sia una relazione di causa – effetto, ove l’innovazione rappresenta la causa e la diffusione ne è l’effetto (processo technology push). Con una prospettiva di analisi di questo fenomeno più ampia e articolata, si potrebbe provare ad invertire la citata relazione considerando, pertanto, la domanda da parte delle organizzazioni come la causa (leva demand pull), mentre lo sviluppo tecnologico di una determinata innovazione ne sarebbe l’effetto (si pensi ai miglioramenti applicabili ad un prodotto grazie a maggiori esperienze di utilizzo). In alcuni casi, le imprese che hanno avviato processi di digitalizzazione dell’area Finance seguendo la logica demand pull, si ritrovano oggi a beneficiare di importanti economie di scala nella gestione finanziaria, espresse da un minor costo in termini di impiego di risorse umane dedicate ad operazioni di routine e da un maggior valore in termini di intangibles assets.

Purtroppo, a fronte di numerose imprese sensibili verso questo processo di digitalizzazione (tra cui tante PMI), ancora oggi la situazione maggiormente diffusa è l’esatto contrario, ovvero imprese poco attente al cambiamento innovativo, probabilmente perchè la scarsa apertura culturale sopra citata (accompagnata da una limitata managerializzazione), non consente di innescare nelle imprese il processo endogeno di ricerca e applicazione di soluzioni innovative in grado di agevolare la digitalizzazione delle fasi operative insite nei modelli organizzativi, i quali risultano evidentemente non adeguati a far fronte in modo tempestivo e affidabile alla crescente complessità dei mercati.

Non è un caso, infatti, che la spinta al cambiamento innovativo nelle imprese stia pervenendo da interventi normativi nazionali e comunitari, nonché da indicazioni operative formulate da autorità europee. Si pensi, ad esempio, alla modifica dell’art. 2086 del Codice Civile con l’introduzione dell’obbligo degli assetti organizzativi oppure all’emanazione delle recenti Linee Guida EBA 2020/06. Entrambi questi interventi convergono sulla centralità strategica della gestione finanziaria, elevando la stessa a termometro per valutare eventuali segnali di crisi, da un lato, nonché driver fondamentale nel delicato momento di origination dei rapporti finanziari tra le imprese e gli istituti bancari, dall’altro.

E’ piuttosto ovvio che la strada verso una maggiore digitalizzazione è ancora lunga ma, a parer di chi scrive, nel medio periodo il citato processo demand pull per l’innovazione dell’area Finance potrebbe essere sostenuto principalmente da due fattori: i) la crescente necessità di strutturare processi aziendali di pianificazione finanziaria, non solo in risposta alle citate previsioni normative, ma soprattutto per far fronte all’esigenza delle imprese di elaborare continuamente simulazioni complesse e analisi affidabili in tempi sempre più brevi, in quanto dettati dalla estrema volatilità dei mercati; ii) l’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in cui temi strategici, come la digitalizzazione e l’innovazione del sistema produttivo, rappresentano la prima missione del Piano, nonché la componente di tale missione con la maggiore dotazione finanziaria (€ 23,89 miliardi su un totale di € 40,32 miliardi stanziati per la missione 1).

Alla luce delle considerazioni formulate, non appare eccessivo ribadire il concetto che dinanzi alla rivoluzione tecnologica che tutti noi stiamo vivendo, l’area Finanza delle imprese non può e non deve rimanere immobile. In questi termini la digitalizzazione dei processi aziendali, accompagnata da metodiche di Treasury Analysis, Budgeting, Rolling Forecast e Sensitivity Analysis, ecc. può condurre all’affinamento di strumenti imprescindibili per il decisore strategico, il quale di fronte alla vitale necessità di creare valore per l’impresa è chiamato a definire strategie adattabili in modo continuo e repentino alle variabili critiche dei mercati, sia di approvvigionamento le cui recenti curve dei prezzi delle materie prime sono continuamente al rialzo, sia di sbocco le cui dinamiche risultano completamente sovvertite rispetto al passato per effetto dello stravolgimento degli equilibri socioeconomici mondiali.

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