Il recente conflitto russo- ucraino e le relative sanzioni introdotte dai paesi occidentali riportano d’attualità una tematica che spesso non viene analizzata con la dovuta attenzione. La domanda è semplice nella sua complessità: come può un’azienda tutelare anche il proprio cash flow da eventi straordinari di questa natura?
Lo scoppio di una guerra, di un’insurrezione popolare o il verificarsi di una catastrofe naturale, quale ad esempio un terremoto, come possono impattare sui cash flow aziendali, ma soprattutto come può un’azienda tutelarsi?
Proviamo innanzi tutto a limitare l’ambito della nostra riflessione, concentrandoci esclusivamente sui crediti generati dalla vendita dei nostri prodotti o servizi.
Nel caso del recente conflitto, ad esempio, come può tutelarsi un’azienda italiana che esporta verso la Russia o verso l’Ucraina?
Lo strumento adeguato è senza dubbio la polizza credito abbinata all’attivazione della “clausola di rischio politico”. Attenzione però: è ovvio che gli Assicuratori non accetteranno mai tale modulo a conflitto iniziato e pertanto è necessario avere adeguatamente analizzato il rischio ab origine, al momento cioè iniziale della stipula del contratto (e comunque prima dello scoppio del conflitto). Ciò detto: cos’è la “clausola del rischio politico”? Dobbiamo doverosamente premettere che ogni Compagnia ha elaborato un proprio specifico testo per cui le nostre considerazioni non possono che avere una valenza generale, bensì indicativa.
I due componenti principali di questa copertura sono da un lato la tutela nei confronti di eventi socio politici (ad esempio guerre, insurrezioni popolari, terrorismo, ma anche impossibilità nel trasferimento di fondi all’estero) dall’altra nei confronti di eventi naturali catastrofali (ad esempio terremoti, alluvioni). Attenzione però: non tutte le Compagnie offrono l’estensione agli eventi catastrofali naturali, per cui bisognerà analizzare con estrema attenzione le proprie esigenze e le soluzioni offerte dalla Compagnia.
Per quanto riguarda gli eventi socio-politici nel recente passato vi sono stati casi eclatanti (il più noto è il caso argentino) di misure atte ad impedire il pagamento verso gli operatori stranieri: ad esempio impedendo la convertibilità della valuta o vietando il trasferimento di denaro all’estero.
Tecnicamente quindi l’importatore non risulta affatto insolvente, ma il risultato per l’esportatore è identico: impossibilità di ottenere il pagamento del proprio credito. Una polizza crediti tradizionale non indennizzerebbe pertanto alcunché visto che il debitore non è affatto insolvente.
Venendo al caso drammaticamente attuale del conflitto russo-ucraino possiamo formulare le seguenti osservazioni.
Per quanto riguarda l’Ucraina la risposta è semplice: dall’invasione della Crimea, iniziata il 20 febbraio 2014, questo paese era considerato, da tutti gli assicuratori occidentali, in stato belligerante, per cui non era possibile sottoscrivere alcun contratto. Quindi, anche se tecnicamente le soluzioni assicurative esistevano, non erano acquistabili coperture emesse in Ucraina su debitori ucraini perché non offerte dal mercato assicurativo. Per lo stesso motivo molto difficilmente venivano deliberati affidamenti su debitori ucraini in capo a contratti assicurativi emessi all’estero. Ad ogni modo comunque se tali contratti prevedevano un’adeguata estensione alla clausola rischio paese risultavano e risultano pienamente efficaci.
Ben diversa la situazione in Russia dove viceversa sono tutt’ora presenti, anche con propri uffici diretti, quasi tutti gli assicuratori occidentali.
La prima immediata conseguenza è che esistono centinaia di polizze emesse in Russia su debitori russi: al momento queste polizze sono perfettamente operative, con il solo eventuale limite degli affidamenti che al momento vengono riparametrati alla situazione.
Filiali russe di multinazionali occidentali possono pertanto continuare ad operare nel paese sulla base delle coperture concesse dagli assicuratori, coperture pienamente operative.
Anche il caso degli operatori occidentali che vendono direttamente dall’estero verso la Russia è al momento in copertura, purché si sia pattuita l’adeguata estensione al “rischio politico”. Al momento non si è verificato alcun caso di rischio politico in senso stretto (il trasferimento di denaro verso l’estero non è ancora stato impedito), così come non è stato ancora introdotto un divieto generale di conversione in valuta straniera. È però evidente che tali rischi sono molto alti e che una copertura che non prevedesse queste ipotesi di indennizzo avrebbe ben poco valore.
In conclusione: esistono adeguati strumenti per la tutela dei propri crediti, e quindi del cash flow aziendale, anche per eventi a bassa probabilità ma dall’elevata magnitudo. La scelta e la definizione del miglior strumento di tutela è un passaggio sensibile che può portare però a grandi benefici in caso di necessità o viceversa a perdite inattese che possono impattare pesantemente sul cash flow aziendale. Le aziende dovrebbero dedicare la stessa attenzione nel valutare rischi e opportunità anche a tali situazioni che chiaramente e fortunatamente non sono all’ordine del giorno ma il cui rischio non è mai a zero.