INFLAZIONE E CRESCITA:
LA RISPOSTA DELLE BANCHE CENTRALI

Wlademir Biasia – WB Advisor  

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Nel mese di giugno abbiamo osservato il più robusto rialzo dei tassi su scala globale da oltre due decenni a questa parte. Le banche centrali dopo aver per lungo tempo sostenuto l’ipotesi di una crescita transitoria dell’inflazione, stanno ora ipotizzando una fase di crescita persistente dell’inflazione.

Nelle nostre osservazioni rileviamo uno scenario in cui molti elementi lasciano presupporre che il picco sia stato raggiunto, o quantomeno sia in fase di formazione.

Tuttavia una condizione tra tutti gli elementi analizzati ci lascia ancora in sospeso: le quotazioni del gas europeo. Per cui potremmo ritenere in via di superamento la fase di crescita dei prezzi negli Stati Uniti ed in Asia, meno in Europa.

Tra gli elementi che depongono a favore della formazione di un picco vi sono il rallentamento deciso dei corsi delle commodity industriali a cui si stanno ora unendo quelli di molte materie prime agricole.

Il rialzo dei tassi, unito alla chiusura di tutti i programmi di stimolo monetario con l’avvio da parte della Fed del tapering, stanno modificando sensibilmente le aspettative di crescita degli operatori economici, instaurando un clima di avversione al rischio, anticamera del rallentamento del ciclo economico. Ne abbiamo anticipato l’evoluzione nel nostro blog research e nei flash di AITI WB Market Mover Monitor.

Oggi questo scenario è confermato dai sondaggi di sentiment delle imprese manifatturiere ed ora anche dei servizi. Il PMI Global Manufacturing sta rallentamento verso quota 50, (spartiacque tra crescita e decrescita) con l’area asiatica, a partire dalla Cina, in forte rallentamento, come pure ormai anche quella europea.

Ciò nonostante le banche centrali continuano a confermare la loro linea restrittiva alimentando le attese per ulteriori rialzi a partire dai 75 punti base della FED a luglio e 25 punti della BCE a cui dovrebbero unirsi altri 50 a settembre. Ad oggi la curva future dei Fed Funds continua a scontare un target al rialzo dei tassi verso area 3,50% entra la fine dell’anno. Per l’UEM la proiezione riporta ancora un ritmo dei rialzi da parte della BCE di 140 punti base, in contenimento rispetto alle proiezioni di giugno a 190 punti.

L’azione restrittiva rientra, secondo la nostra view, nella loro volontà, comunque negata, di voler raffreddare il ciclo con l’intento di piegare l’inflazione a discapito della crescita per riportare in equilibrio i prezzi, a partire da quelli delle materie prime. Mentre i recenti rendimenti di Bond Inflation Linked stanno ripiegando al ribasso.

Per la verità già ora molti contratti future di commodity quotano valori riscontrabili alla fine dell’estate del 2021 ed in buona parte prossimi ai picchi del 2018.

Il future sul rame al LME è sceso a 7500 usd/t dal picco di marzo fissato poco sotto 10750 usd. Nonostante il rialzo dell’energia sono ampiamente scese le quotazioni di alluminio, acciaio, nickel.

Le borse azionarie hanno innescato già nelle prime settimane dell’anno un percorso riflessivo piuttosto robusto a cui dovrebbe far seguito un ulteriore gamba di ribasso prossima mediamente tra il 10/15%.

L’euro nei confronti del dollaro ha fissato un minimo molto vicino alla parità (1,0150 eur usd), violando i precedenti minimi segnati dopo il whatever it takes annunciato nel luglio 2021 e messo in pratica tra il 2013 e gli inizi del 2014. Allora fissò un minimo a 1,0350 contro dollaro (dic 2016). Oggi si discute molto della debolezza dell’euro. In molti si chiedono quanto profonda sia la crisi della divisa europea tra diverse condizioni critiche: posizione geopolitica, shock energetico, frammentazione dei debiti sovrani, differenziale dei tassi.

Nei nostri incontri in streaming per commentare le decisioni delle banche centrali, AITI INSIDE CENTRAL BANK, abbiamo ampiamente segnalato per tempo tali criticità, mettendo in evidenza la tendenza riflessiva dell’euro ed il rischio di una caduta sotto la parità.

Il nostro target di breve rimane quindi fissato in area 0,98 eur usd, mentre per il medio termine temiamo che al di là di brevi reazioni i rischi siano tuttora proiettati al ribasso. Tali rischi sono ampiamente legati alla vicenda energetica, alle forniture del gas ed alla sostenibilità del sistema produttivo europeo che sta uscendo velocemente da una zona di confort strutturale: consolidate catene di fornitura, mercati aperti all’export su scala globale, bassi costi dell’energia.

Mentre si guarda con trepida attesa alla recessione che la Fed potrebbe provocare, in Europa si perdono di vista gli effetti che l’uscita dalla zona di confort possono causare all’intero assetto produttivo. Il confine tra uno scenario di possibile recupero delle condizioni utili al riequilibrio della prosperità e quello di una deriva assai più problematica, è nelle mani della visione politica di un modo che non può prescindere da chi possiede materie prime e chi invece ha costruito e consolidato una grande piattaforma aperta ed articolata tra manifattura e servizi.

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