La Supply Chain Finance: un antidoto agli effetti prodotti dalla pandemia nella finanza
Il tema della Supply Chain Finance è molto caro a noi Tesorieri di Impresa.
L’obiettivo “principe” che ci guida quando facciamo strategia e tattica approcciando alla Supply Chain Finance è quello di agevolare e rendere maggiormente fluidi i flussi finanziari lungo tutta la filiera di una Azienda…a prescindere dalla sua dimensione…
Nel 2019, prima dell’avvento della Pandemia, il “ciclo di cassa” delle Imprese italiane risultava in calo, soprattutto grazie alla riduzione dei tempi medi di incasso dei crediti commerciali mentre i tempi medi di pagamento ai fornitori risultavano sostanzialmente invariati.
Il DSO per le Large Cap era mediamente di 52 giorni, il dato peggiorava a 73 giorni per le grandi imprese, 91 giorni per le imprese di medie dimensioni ed 87 giorni per quelle di piccole dimensioni assestandosi, mediamente ad 81 per le micro imprese.
Il DPO si assestava, indipendentemente dalla dimensione delle aziende, tra gli 84 ed i 90 giorni.
La lettura del trend del capitale circolante esaltava il grande divario tra le imprese italiane: se quelle di grandissima dimensione lo avevano, mediamente, addirittura negativo -12 giorni, le micro imprese arrivavano a 79 giorni. (Fonte Osservatorio Supply Chain Finance).
La dimensione e la struttura di un’impresa rappresenta un limite alla Supply Chain Finance?
Ritengo che il primo vero ostacolo alla diffusione della Supply Chain Finance tra le imprese italiane sia rappresentato proprio dalla presenza o meno di specifiche competenze e dalla ricettività al “cambiamento”.
Approcciare alla Supply Chain Finance significa, per una Impresa, poter avviare un graduale percorso di crescita che le permetterà di evolvere TUTTO il Suo modello operativo: dalla produzione, alla vendita e fornitura.
E’ vero, l’approccio a questa tematica richiede a tutti i soggetti, una particolare dedizione ma i vantaggi attesi giustificano l’impegno: l’impresa potrà identificare i possibili rischi insiti nel rapporto di fornitura approfondendo la conoscenza dei propri fornitori e clienti, sia nel mercato domestico che nell’export…potrà mitigare il rischio di credito, armonizzare il DSO ed il DPO, proteggere e migliorare il proprio rating bancario e reputazionale, superare quindi, la logica del “rapporto storico di conoscenza”….aggiornando…magari…la propria credit policy…
I dati a nostra disposizione confermerebbero però una potenzialità “inespressa” della Supply Chain Finance.
In Italia, le imprese generano un ammontare complessivo dei crediti commerciali pari a circa 500 miliardi di euro: ma di questi solo circa il 13% vengono smobilizzati con l’anticipo fatture, circa il 12% con soluzioni di factoring, e “solo” il 4% con strumenti di Supply Chain Finance.
Ed il restante 70%? Circa il 20% dei crediti commerciali sono solo assicurati ma non finanziati mentre il restante circa 50% non sono né finanziati e né assicurati.
Siamo tutti consapevoli degli effetti che la pandemia produrrà nell’economia e nella finanza di impresa?
E se la Supply Chain Finance fosse l’antidoto al Virus Finanziario che si stà diffondendo?
Sono le due domande che mi hanno “inseguito” in questi mesi ed alle quali ho tentato di rispondere pubblicando il mio libro dal titolo “La Supply Chain di un Virus: strategie e tattiche operative con cui costruire una nuova finanza di Impresa con cui affrontare il Virus Finanziario”.
Sono cambiate, molto velocemente, le modalità con cui un’Impresa si relaziona con i propri clienti e fornitori…..lo ammetto…sono tra coloro che ritiene che non ritorneremo al “passato” e che dobbiamo tutti affrontare uno “scenario nuovo”…
Le certezze e le consuetudini su cui si basavano i modelli di business adottati dalle imprese negli ultimi vent’anni non sono più attendibili.
I fronti aperti sono ancora molti ed eterogenei: riuscire ad armonizzare misure a sostegno della sanità pubblica con quelle economiche e finanziarie si sta rivelando la sfida più grande.
La tenuta sociale richiede interventi nuovi, mai adottati prima, che potranno anche generare i propri effetti collaterali nel tempo.
L’aumento del costo dell’energia come la difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime alimenta un diffuso senso d’incertezza e di vulnerabilità: sia nei nostri piani di cassa previsionali e sia nella nuova capacità di fare impresa…
I rapporti di vendita come di fornitura sono condizionati da una profonda diffidenza alimentata dalla difficoltà di profilare in modo preciso il rischio insito nelle relazioni tra imprese.
Le diverse azioni d’intervento previste nei Decreti emergenziali emanati dal Governo, la temporanea sospensione dei licenziamenti, le moratorie, le norme EBA, gli NPL, sono solo alcuni di quegli ingredienti che tutti assieme compongono “il virus finanziario”.
Le strutture di Supply Chain Finance esistenti ante covid, in questi mesi, hanno mostrato la loro “efficacia” riuscendo a far propri i concetti come resilienza e sostenibilità.
Le Aziende “capo filiera” hanno così permesso ai rispettivi fornitori, spesso micro e piccole medie imprese, di poter anticipare i loro crediti a condizioni economiche favorevoli, riuscendo così a finanziare il proprio capitale circolante (tra cui anche gli stock in magazzino) e limitando il ricorso al “credito di emergenza”, permettendo loro di rimanere ancora all’interno della filiera.
La sofisticazione e la sicurezza delle nuove tecnologie hanno portato molte imprese italiane ad avvicinarsi agli strumenti di Supply Chain Finance, individuando la crescita delle competenze come primo fattore decisivo.
Le imprese iniziano a comprendere che la Supply Chain Finance supera la logica della “dimensione”: può diventare un vero e proprio “strumento” con cui cogliere nuove opportunità anche per le micro e piccole imprese.
L’Area Finance in una Impresa, rappresenterà sempre più, un ruolo centrale con cui “contaminare le idee” di tutte le altre che ne fanno parte: dall’Area Amministrativa a quella Commerciale, dal Procurement al Marketing.
La Supply Chain Finance rappresenterà l’antidoto al Virus Finanziario e la scintilla per avviare un percorso evolutivo nei modelli di business delle imprese italiane?