L’applicazione della commissione sulla
Dopo i segnali “sinistri” motivati dal perdurare dei tassi negativi, da fine anno scorso diversi istituti di credito italiani hanno cominciato ad applicare alle imprese, con liquidità rilevante sui propri conti correnti, una nuova commissione denominata – a seconda della controparte – “Gestione Giacenze” o “Excess Liquidity Fee” (Elf).
Quindi, per coloro che non si sono attivati, gli istituti bancari hanno iniziato a far intendere con le imprese che detengono una liquidità almeno superiore ad (almeno) Eur 100.000 sul proprio conto corrente che potranno essere soggette alla nuova commissione bancaria.
Ad oggi il panorama è ancora piuttosto diversificato: alcuni istituti di credito applicano già la Elf, altri intendono applicarla, mentre altri ancora sono nella fase di studio. Quello che emerge è che la prima modalità applicativa ad oggi introdotta dalle banche è stata quella di caricare sulla “clientela corporate” una commissione mensile, pari allo 0,50%, sulla media dei saldi liquidi giornalieri positivi eccedente 100.000 euro. In altri casi, invece, si propende per il pagamento di una somma fissa al raggiungimento della “fatidica” soglia. Una variante è costituita dal pagamento di una somma determinata.
Chi invece è ancora in una fase di studio sta anche valutando di imporre commissioni proporzionate alle giacenze sui conti delle imprese clienti o di non applicarle affatto, qualora esse decidano di investire parte della liquidità in strumenti finanziari.
C’è da aggiungere che un elemento che crea ulteriore allarme nella clientela è la tendenza a ritenere sufficiente per l’applicazione della commissione lo “sforamento” della soglia stabilita anche per un solo giorno.
In merito alle motivazioni alla base della decisione del sistema di adottare tale procedura, è evidente che una scelta di questo tipo ha preso le mosse dalla situazione del perdurare dei tassi negativi sui depositi applicati dalla Banca Centrale Europea (BCE), almeno fino allo scorso anno, che penalizzava le banche facendole pagare un costo dello 0,50%. Qualcuno potrebbe obiettare che le motivazioni di tale decisione nei prossimi mesi verranno superate dall’inversione dell’andamento dei tassi dovuta all’obiettivo di fermare l’inflazione galoppante ma questo ahimè non ritengo che fermerà il precesso applicativo.
Con la Elf, pertanto, si tende a riportare in equilibrio la situazione, ribaltando sulle imprese questa tipologia di costi, ma vanificando, peraltro, uno degli intenti della Banca Centrale Europea, che con questa misura intendeva, tra l’altro, stimolare la concessione di finanziamenti alle imprese per sostenere l’economia dei Paesi dell’Eurozona.
Da quanto esposto, quindi, emerge che, a fronte di un problema oggettivo causato dai tassi negativi della BCE, le banche si muovono per neutralizzarne gli effetti negativi che le concernono, nella maggior parte dei casi sostanzialmente caricando di una nuova voce di costo le imprese che intrattengono rapporti con esse. Ciò che appare chiaro è che, ad oggi, la misura si rivolga precipuamente alla clientela aziendale e non alla clientela privata.
Alla luce del quadro attuale, la nuova commissione sicuramente contrasta con il modo consolidato di considerare la “liquidità bancaria”, soprattutto da parte delle piccole imprese. Da sempre in questo ambito si ritiene che chi disponga di rilevante liquidità sia un soggetto virtuoso, che, in quanto tale, almeno non debba essere penalizzato.
È evidente che con le commissioni sulle giacenze oggi si assista ad uno stravolgimento di questo modo di pensare, per cui questa voce di spesa gravante sulle aziende potrebbe essere da alcune di esse concepita come una sorta di ennesima “esproprio”, non colpendo gli operatori economici che non dispongano di conti correnti “floridi”.
CIò che potrebbe accadere nella platea delle piccole imprese, soprattutto di estrazione familiare, è che questa commissione sia interpretata come un ennesimo balzello, per ovviare al quale le aziende dovranno comunque ridisegnare l’impostazione della propria tesoreria, prendendo in considerazione altre soluzioni che erano state precedentemente scartate che, con i tassi attuali, potrebbero dare un rendimento solo accettando un certo grado di rischio.
Oppure adottare la soluzione più semplice, anche se di breve termine, che porti alcune imprese a cambiare il proprio interlocutore finanziario, “migrando” verso un istituto di credito che non applichi (ancora) la Elf o abbia condizioni più favorevoli.
Non si può d’altro canto negare che la scelta degli istituti di credito sia stata dettata dagli oggettivi costi che su di essi gravano per effetto dei tassi negativi applicati dalla BCE oltre che per le loro strutture elefantiache che oggi si scontrano con nuove realtà più snelle e, soprattutto, “digitali”. Dal loro punto di vista, pertanto, è necessario correre ai ripari rispetto ad uno stato delle cose che si rivela fonte di rilevanti oneri finanziari.