È molto più facile per la Fed aumentare di 25pb oggi piuttosto che fermarsi e sospendere il piano dei rialzi. In quest’ultima ipotesi trasmetterebbe un segnale di preoccupazione. Il primo, di convinzione, necessita comunque di giustificazioni. In generale i dati economici uniti al rallentamento della domanda di prestiti da parte delle aziende giustificherebbero quantomeno un’interruzione delle chiamate al rialzo dei tassi. Sia negli Stati Uniti che in Eurozona. Tuttavia i mercati scontano un ulteriore rialzo di 25 bp da parte delle due banche centrali questa settimana.
Ciò nonostante appare visibile la fine del ciclo di rialzi della Fed. Addirittura la curva future inizia a scontare per la fine dell’estate l’inversione di tendenza, quantomeno un primo taglio dei tassi a partire dall’autunno, per adeguarli nella riunione del 13 dicembre tra il 4,50-4,25%.
La fine del ciclo di rialzi della Fed porterà aspettative aggressive di taglio anche da parte della BCE.
La curva profondamente invertita continua a scontare problemi futuri sul lato della crescita. Il comparto manifatturiero sta da mesi mettendo in evidenza problemi sul percorso di espansione dell’economia, soprattutto in Eurozona. L’anomalia della tenuta dei servizi crea pressioni alle banche centrali, esponendole al rischio di commettere in questa fase errori contingenti. Tali rischi contribuiscono a loro volta ad aumentare l’erraticità dei mercati con ripercussioni sulla volatilità dei prezzi, includendo potenziali implicazioni sistemiche.
Mentre la decisione di alzare i tassi appare dovuta, meno scontati sono i commenti e le motivazioni che i due governatori rilasceranno in conferenza stampa.
Jerome Powell sarà interrogato sullo stato di salute delle piccole e medie banche, nonché sulla recente ondata di afflussi verso i fondi monetari, tornati a concorrere con i depositi bancari per effetto del differenziale tassi che si è accumulato negli ultimi mesi e che hanno creato tensioni nelle banche. Ulteriori domande saranno poste sugli afflussi paralleli al reverse repo facility della Fed e gli impatti sulle riserve bancarie. Se la Fed dovesse sorprendere con la decisione di non effettuare un rialzo di 25 pb in questa riunione, le risposte con cui interloquire risulterebbero più complicate, poiché la Fed sarebbe percepita sulla difensiva. Allo stesso tempo, la Fed dovrà comunque giustificare l’aumento nonostante la pressione su alcune banche.
Il percorso della BCE appare meno complesso. Tuttavia assistiamo da tempo ad una progressiva perdita di momentum dell’ottimismo del comparto manifatturiero. In Germania il PMI Manufacturing è sceso ai minimi degli ultimi 35 mesi, ovvero primavera 2020 quando governavano i blocchi sanitari dovuti alla pandemia. L’intera Eurozona naviga in una condizione in cui la congiuntura imposta dalla transizione green necessità di notevoli investimenti.
Il recente comportamento dei prezzi del petrolio potrebbe fornire una sintesi del sentiment generale. Per effetto della crisi delle banche a metà marzo i prezzi erano caduti in linea verticale. Il Brent che quotava nel range 80/88 usd/bar è scivolato velocemente a 72 usd. L’inattesa reazione dell’Opec+ con il taglio della produzione giornaliera dell’1% aveva contribuito a far rientrare lo shock. A distanza di poche settimane il mercato sta ritornando a collaudare i minimi segnati il 17 marzo. Ci aspettiamo che i rischi siano ancora proiettati al ribasso con possibili livelli di discesa delle quotazioni verso 60 usd/bar.
Anche il rame conferma di rimanere inserito in una tendenza riflessiva per la quale avevamo da tempo stimato una discesa in direzione di area 8100/8000 usd/t al LME.
I rendimenti sul tratto lungo della curva stanno da diverse settimane distribuendo valore in favore di un trigger che, al pari di quanto sta verificandosi per il Treasury americano, dovrebbe spingere le quotazioni in un reversal del ciclo rialzista. I punti che stiamo osservando transitano per l’IRS 10 Y a quota 2.80%.
Sul cambio eur usd peserà molto l’andamento dello spread sul tratto a 10 anni tra TBond e Bund. La discesa da 180 punti base A 112 ha contribuito a rafforzare l’euro. L’attuale quotazione si confronta con la soglia tecnica dei 100 punti. Pensiamo che l’effetto congiunto prodotto dal ribasso da noi atteso dei rendimenti USA e Germania contribuisca a mantenere il delta tassi sostanzialmente in equilibrio.